(di Federica Acqua)
Divertente, colorato, applaudito. È
stato così il 29 novembre il debutto al Teatro Pergolesi di Jesi
dell'opera buffa di Gaspare Spontini I Quadri Parlanti, frutto
nel 2016 dell'avventuroso ritrovamento della sua partitura
ritenuta scomparsa per oltre due secoli nella biblioteca del
Castello d'Ursel a Hingene in Belgio.
Concepito a Napoli e andato in scena forse per l'unica volta
nel 1800 al Teatro Santa Cecilia di Palermo per volere del re di
Napoli Ferdinando III, il 'dramma giocoso per musica' poté
godere grazie al suo prestigioso committente di un teatro e di
un organico orchestrale più ampio (una quarantina di esecutori)
di quello normalmente usato in opere di questo tipo. E così,
salvo piccole sforbiciate ai recitativi secchi, è stato
riproposto nell'edizione critica curata da Federico Agostinelli
per la Fondazione Pergolesi Spontini in collaborazione col
Centro Studi per la Musica Fiamminga di Anversa.
È un esempio sia nella partitura che nella trama dell'opera
buffa in voga alla fine del '700 a Napoli e comprende sette
interpreti: tre soprano, due tenori e due bassi buffi, di cui
uno si esprime in napoletano per intercettare i gusti popolari,
e niente coro, per un totale di 18 brani, 11 nel primo atto e
sette nel secondo. Creata per divertire un pubblico trasversale,
delineando personaggi di genere che vedono la servitù opposta
alla borghesia o alla nobiltà, si situa musicalmente e
storicamente tra Mozart e Rossini, ma non presenta picchi
belcantistici, bensì un andamento tradizionale regolare e
armonioso che nell'allestimento jesino coinvolge tutti gli
interpreti poco più che trentenni, dando vita ad uno spettacolo
frizzante e ben confezionato grazie soprattutto alla regia di
Gianni Marras. Questi crea con le scene di Alessandra
Bianchettin, le luci di Marco Chiavetti e i costumi di Asya
Fusani d'impronta settecentesca, ma abbinati a scarpe converse e
calzini con colori specifici per ciascun personaggio (capelli
compresi), una sorta di grande cubo magico, molto simile a un
giocattolo d'altri tempi, che si apre e si chiude ruotando anche
su stesso e diventando di volta in volta grazie all'estensione
dei suoi lati uno spazio scenico diverso. Decorato a tinte
vivaci anche con quadri d'ispirazione pop, offre pertugi e
finestrelle da cui occhieggiano i protagonisti o fuoriescono
elementi d'arredo a definire la casa del ricco e maturo Don
Bertoldo.
L'uomo è invaghito della giovane e disincantata governante
Chiarella per la quale 'gli amanti trappolar senza furberie non
si può far', e che basandosi su questo principio illude il
padrone, dopo averlo derubato, e corteggia il Capitan Belfiore
per garantirsi una scalata sociale, nonostante questo ami
riamato Rosina, nipote di Bertoldo. Per i suoi piani Chiarella
può contare sul fratello Falloppa, che ha fatto assumere in casa
come Abbate Trappolini, e sulla di lui fidanzata, la servetta
Bettina, ma è osteggiata dal servo Menicuccio, di cui in fondo
ricambia l'amore, ma che ha allontanato per 'fare carriera'
causandone la vendetta. Questa alla fine arriverà grazie ai
quadri parlanti, raffiguranti i membri della famiglia dietro cui
si nascondono i suoi oppositori per smascherarla davanti a Don
Bertoldo, ripristinando l'ordine anche sociale delle tre coppie
in uno scontato lieto fine.
Al termine applausi convinti per tutti: dal cast composto da
Martina Tragni (Chiarella), Alfonso Michele Ciulla (Don
Bertoldo), Davide Chiodo (Menicuccio), Giada Borrelli (Bettina),
Giuseppe Di Giacinto (Belfiore), Michela Antenucci (Rosina),
Francesco Tuppo (Abbate/Falloppa), al direttore d'orchestra
Giulio Prandi sul podio del Time Machine Ensemble, agli altri
esponenti della troupe. Si replica il primo dicembre alle 16.
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