(di Mattia Bernardo Bagnoli)
Dopo settimane in trincea,
finalmente arriva l'ufficialità del voto e Raffaele Fitto può
iniziare la sua nuova avventura europea, questa volta con il
titolo di vicepresidente esecutivo della Commissione. "L'Ue -
commenta a caldo dopo il via libera a Strasburgo
dell'Eurocamera, dove militava prima di entrare nel governo
guidato da Giorgia Meloni - si trova di fronte a sfide cruciali
da cui dipende il suo futuro: nei prossimi anni sarà
fondamentale lavorare tutti insieme e dare prova di unità".
Ex democristiano, ex berlusconiano, ex presidente della
Puglia, ex ministro della Repubblica, il neo Commissario venuto
da Maglie sfoggia un curriculum che pare tutto il contrario del
pericoloso estremista eppure contro di lui si sono scagliati gli
strali di un pezzo della maggioranza europeista chiamata a
sostenere il secondo esecutivo di Ursula von der Leyen. Giusto
alla vigilia del voto la delegazione della tedesca Spd aveva
annunciato l'astensione (o persino la bocciatura) della nuova
commissione perché "per la prima volta nella storia delle
istituzioni Ue un rappresentante di un partito post-fascista sta
per ottenere una posizione di leadership". Anche i Verdi si sono
detti contrari. Ma il patto siglato tra i popolari (che hanno
difeso Fitto come uno dei loro), i socialisti e i liberali alla
fine ha tenuto e l'esecutivo blustellato può iniziare a
lavorare.
Non è dunque un caso che Fitto batta il tasto sul tema
dell'unità. "Solo in questo modo - spiega - saremo in grado di
vincere le sfide, rilanciare il progetto europeo e difendere con
forza i valori su cui esso si fonda". "Questi obiettivi -
sottolinea - potranno essere raggiunti solo con il contributo di
tutti: ogni mia energia e tutto il mio impegno dei prossimi
cinque anni saranno dedicati a questo scopo, nel pieno rispetto
dei Trattati e a difesa dell'interesse comune europeo".
In realtà dell'europeismo di Fitto non dubita nessuno, a
Bruxelles, e la sua audizione al Parlamento è stata ben
giudicata: gli strascichi semmai si devono al metodo usato da
von der Leyen per arrivare alla composizione dell'esecutivo e
alla disinvoltura con cui il Ppe tratta le destre più a destra,
non solo Ecr ma persino i Patrioti di Viktor Orban.
Il ritorno di Fitto nella capitale d'Europa però pone ora dei
problemi a Roma. Perché sostituirlo non è facile, tanto più che
la maggioranza sta vivendo una fase di fibrillazione. Fra gli
ultimi impegni prima delle dimissioni da parlamentare e da
ministro, che arriveranno presto, domani Fitto accompagnerà
Meloni a Cagliari per la sigla dell'Accordo di coesione con la
Regione Sardegna. Per il dopo, Matteo Salvini assicura di non
voler "rivendicare nulla" dato che Fitto è un ministro di
Fratelli d'Italia. Posizione simile da parte del leader di Forza
Italia, Antonio Tajani. "Sarà il presidente del Consiglio a dire
l'ultima parola, ne parleremo. Per quanto riguarda gli Affari
Europei mi ascolterà", ha detto.
Una delle ipotesi allo studio, infatti, è che le deleghe di
Fitto saranno spacchettate: da una parte, appunto, gli Affari
Europei e dall'altra il Pnrr e la Coesione, se a un
sottosegretario o a un ministro resta però ancora da capire. La
partita è delicata e s'intreccia con gli equilibri generali del
governo, con Forza Italia decisa a contare di più.
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