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Al vertice solo 30% di quota femminile. Nei sette principali partiti italiani solo Fdi guidato da una leader
Uno speciale approfondimento con interviste e analisi sulla rappresentanza femminile nel nostro Paese dopo l'esito del voto
Il centrodestra ha la percentuale più bassa di donne ai vertici del partiti, anche se Giorgia Meloni è la prima donna in Italia ad aver messo un'ipoteca sulla presidenza del Consiglio. "Succede più a destra, non solo in Italia - spiega Flaminia Saccà, professoressa di Sociologia dei fenomeni politici all'Università La Sapienza di Roma, ricordando Margareth Thatcher e le presidenze femminili nei Paesi dell'America Latina. "Studentesse e studenti mi chiedono come mai. Sono donne che non sfidano la cultura patriarcale e quindi avvertite come meno pericolose", dice la docente. Le donne di destra "mirano direttamente al potere, non chiedono al maschio decisore di concedere loro spazi. Perché non è così che funziona il potere, e a destra sembrano esserne più consapevoli che a sinistra".
Mentre l'Italia sembra destinata ad avere per la prima volta una donna (di destra) alla presidenza del Consiglio, "il Parlamento che verrà avrà ancora meno donne di quello uscito dalle urne nel 2018: dal 35% di allora al 31% di oggi", spiega all'ANSA Flaminia Saccà, professoressa di Sociologia dei fenomeni politici all'Università La Sapienza di Roma. E' il primo calo in oltre 20 anni, dalla XIV legislatura del 2001 con il 10,17% in leggera crescita sulla precedente, il progresso era stato evidente: 15,94% nella XV, 19,63 nella XVI, 30,11 nella XVII e 35 nella XVIII. Non solo: le donne hanno anche votato meno. "Sono il 51,74% degli aventi diritto al voto. Ma il 25 settembre scorso si è recato al voto il 65,74% degli uomini e il 62,19% di donne", spiega Davide Del Monte di onData.
"In quasi 9 comuni su 10 (87,18%) l'affluenza maschile è maggiore di quella femminile. Male Napoli dove la percentuale di votanti è del 52% tra gli uomini e del 46% tra le donne. Tra le grandi città la peggiore è Catanzaro, con una differenza del 7,26% tra uomini e donne. C'è una minore propensione al voto da parte delle donne". La vittoria del centrodestra guidato da una donna, quindi, è frutto di un voto "fatto principalmente da uomini". Ma in cui, "quando le donne hanno fatto lo sforzo di uscire di casa per andare a votare, hanno scelto in maggioranza Fratelli d'Italia", aggiunge Saccà. Il 27% dell'elettorato femminile, infatti, ha optato per Fratelli d'Italia. Il 21% per il Pd, il 15% per il M5s. "I partiti che pure hanno fatto della parità di genere un punto di forza dei propri programmi, come il Pd, non sono riusciti a eleggere le donne in condizione paritaria", spiega Saccà. "Troviamo più donne elette nel partito di Calenda e nel Movimento 5 Stelle".
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L'ANSA ha analizzato gli organigrammi dei 7 principali partiti italiani. Il centrodestra, nonostante Meloni, ha un numero molto basso di donne nei propri organi decisionali. Nei 14 ruoli apicali dei tre partiti ci sono solo due donne (Giorgia Meloni, presidente Fdi, e Anna Maria Bernini, vice coordinatrice nazionale Fi) per una percentuale complessiva del 14%. "Negli ultimi anni, con l'eccezione di Hillary Clinton, le leader vengono tutte da destra", commenta da Fdi Isabella Rauti. "Un dato di fatto su cui si dovrebbe interrogare la sinistra che rivendica il meccanismo delle quote, mentre da noi vale il merito. La storia di Meloni è la conferma: non c'è nessuna barriera alla leadership femminile". Negli organigrammi nazionali (inclusi i vertici) Forza Italia conta 7 uomini e 3 donne, la Lega 25 uomini e una donna, Fratelli d'Italia 17 uomini e 5 donne. In totale sono 49 uomini e 9 donne, che si fermano al 15,5% del totale. La foto del consiglio federale del Carroccio circolata nei giorni scorsi (tutti uomini e un'unica donna) non è passata inosservata. Eppure secondo quella stessa donna non c'è nessuna discriminazione da parte degli uomini: "Spesso sono le donne che si tirano indietro, non hanno così tanta voglia di dedicare tempo e passione e rinunciare anche a una certa parte di vita sociale e familiare per impegnarsi in politica", dice Marialice Boldi, coordinatrice della Lega della Val d'Aosta. "Anche se sono la mosca bianca nel Consiglio federale non avverto nessuna forma di maschilismo. Certo, la prima volta che sono arrivata in consiglio mi ha fatto un po' impressione vedermi circondata solo da uomini".
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C'è poi il terzo polo di Azione e Italia Viva che vanta il maggior numero di elette in Parlamento il 25 settembre. Ai ruoli di vertice del partito Italia Viva ha 2 uomini e una donna, Azione ha 2 uomini e 2 donne (anche se le donne sono 'vice'), che porta la componente femminile al 42%. Per le segreterie di questi partiti Italia Viva ha sempre gli stessi 2 uomini e una donna, mentre Azione ha 9 uomini e 4 donne. Anche se i numeri sono piccoli, il terzo polo in totale ha 16 dirigenti di cui 5 donne: il 31%. Volendo sommare tutti i partiti, al vertice abbiamo 33 figure di cui 8 donne che sono il 24% del totale, negli organigrammi ci sono 127 persone, di cui 39 donne ovvero un 30%. "Negli organismi di partito, laddove riusciamo a fare sorellanza, si arriva alla parità, ma va fatto il salto di qualità e serve coerenza", dice dal Pd la deputata Chiara Gribaudo. "Non nascondiamo la polvere sotto al tappeto - aggiunge Debora Serracchiani -, il Pd deve fare un passo in più". Le barriere oggettive all'ingresso "sono diminuite, se non sparite. La domanda è se ci sono barriere culturali", si chiede Giulia Pastorella di Azione.
"C'è il problema della domanda e dell'offerta: quanti sforzi i partiti facciano per includere le donne e quanto le donne stesse si propongano. Molto spesso non lo fanno". La leadership femminile "è diversa da quella maschile", aggiunge Chiara Appendino del M5s. "Oggi manca e va fatta emergere perché donne capaci ci sono: non credo che abbiano paura di esercitare il potere" ma devono sopportare "un carico familiare più pesante. Da sindaca mi sono sentita chiedere spesso: 'Come fa con sua figlia?'". Domanda che ritorna. "Quando mio figlio aveva 9 anni ho iniziato a fare la pendolare Lecce-Roma perché ero entrata nella segreteria nazionale del sindacato", racconta Teresa Bellanova di Iv. "Naturalmente mi domandavano: 'E il bambino?'". "Sono una donna separata. Quando mio figlio aveva 9 anni è stato molto complicato ricoprire con lo stesso impegno due ruoli così fondamentali: mamma e politica", conferma anche Paola Taverna del M5s. Una criticità, a prescindere dal partito politico di appartenenza, che si conferma ancora trasversale.
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A snocciolare i dati - ancora provvisori - delle elette nei vari partiti ci pensa un tweet proprio del leader di Azione: è donna il 46% dei futuri parlamentari di Italia viva e Azione, il 45% per il Movimento 5 Stelle, il 31% di Pd e di Alleanza Verdi-Sinistra, il 30% di Forza Italia e Fratelli d'Italia e il 29% della Lega. "Su 119 parlamentari del Pd 36 donne sono un numero troppo basso, questo è un tema da congresso, non i nomi", scrive su Twitter la (rieletta) deputata dem Chiara Gribaudo. "La cultura patriarcale nel Pd consiste in quello che è successo -spiega all'ANSA -: alcune donne in vista ce la fanno, ma si fa fatica a far crescere una classe dirigente sul territorio, anche se le donne ci sono".
"Non vedo Letta e la sua segreteria come patriarcali", smorza Debora Serracchiani, capogruppo uscente del Pd alla Camera che ammette però un problema sulle candidature: "Forse abbiamo sottovalutato l'effetto che il taglio dei parlamentari avrebbe avuto sulla rappresentanza di genere". "Noi di Fdi crediamo nella presenza femminile e siamo orgogliosi e orgogliose di avere l'unica donna presidente di partito e - ora possiamo dirlo - unica donna candidata premier", commenta senza nascondere la soddisfazione Isabella Rauti.
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"Le donne in politica possono. Ma a destra, non a sinistra. Prima con Elisabetta Casellati alla presidenza del Senato, oggi con Meloni", ammette da Italia Viva Teresa Bellanova, vice ministra uscente ai Trasporti. "C'è un punto di sconfitta per chi come me ha fatto battaglie femministe: non basta avere la rappresentanza paritaria. Credo che nella politica si sia inserito un virus: quello dei leader solitari. E noi donne purtroppo siamo state contagiate", dice Bellanova.
"Siamo in un Paese che dal punto di vista culturale non è ancora abituato a vedere donne nei posti di potere", dice Chiara Appendino, ex sindaca di Torino e ora con il Movimento 5 Stelle alla Camera. "C'è molto da fare e anche per questo, un po' controcorrente, penso che, per quanto non condivida nulla delle politiche di Giorgia Meloni, una donna premier possa dare un messaggio. Certo saranno importanti anche le politiche che farà per le donne e su questo siamo lontane anni luce".
"Ho il privilegio di appartenere a un Movimento che ha sempre puntato sulla rappresentanza femminile", aggiunge la sua collega di partito Paola Taverna. "Ma mi rendo conto che da donna a livello sociale è molto difficile portare avanti tutti gli impegni in con agevolezza".
Per la vicepresidente uscente del Senato c'è anche una questione culturale: "Si concentravano più sulle mie scarpe che sui miei disegni di legge", dice ricordando anche alcuni titoli poco felici riservati all'ex sindaca M5s Virginia Raggi. "Alcune donne possono essere attaccate in maniera offensiva senza considerare la qualità o il ruolo che svolgono, ma semplicemente in quanto donne".
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"La legge elettorale permetteva un minimo di pianificazione in termini di parità di genere: quindi la responsabilità dei numeri del prossimo Parlamento è dei partiti", dice all'ANSA Giulia Pastorella, vice segretaria di Azione, soddisfatta del risultato del tandem Azione-IV, che vanta la percentuale più alta di donne elette. "All'inizio c'era un problema di presenza femminile, soprattutto tra i militanti. Abbiamo quindi messo nei posti dirigenziali - comitato promotore e cariche del congresso - tante donne. Poi sono arrivate le ministre del governo Draghi che hanno aiutato i due partiti che avevano una chiara leadership maschile mentre adesso si presentano con una classe dirigente completa".
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I primi risultati di una campagna di immersioni per identificare e quantificare le specie ittiche costiere in 62 siti marini e in particolare lungo le coste della Calabria bagnate sia dal Tirreno che dallo Ionio (foto copertina di Antonio Di Franco per gentile concessione)
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